Era cominciato quasi per caso. Nel 2001 insegnavo al Jean Monnet di Mariano Comense, dove ero tra i responsabili della sperimentazione in Chimica Ambientale (gran bella esperienza, ma non divaghiamo).
Avevamo avuto una attenzione speciale da Federchimica, che in diverse circostanze ci aveva già proposto come esempio di qualità.
Il dott. Rossi, storico dirigente della struttura, un giorno mi manda a chiamare e mi chiede se, essendo un insegnante ed un divulgatore, fossi in grado di allestire uno spettacolo di tema chimico. O, insomma, qualcosa di meno ovvio della solita conferenza, per una attività di orientamento verso i ragazzi delle scuole medie, che mostravano sempre meno attenzione per gli Istituti Tecnici o per i Licei Scientifici Tecnologici (bella cosa anche quelli, pace all’anima loro, ma continuiamo a non divagare).
Solo che il tempo disponibile per idearlo, organizzarlo, provarlo e metterlo in scena era ridicolo: pochissimi giorni, come dire “lo voglio per ieri”. Avuto l’ok del Preside, ho chiesto ai ragazzi se ci fosse qualche volontario per provare a metter su una specie di recita a soggetto – il massimo che si poteva pensare. Con i sei di quella prima “squadra”, basandomi sulle loro capacità espressive, ho allestito poche scenette, che alternavano piccole dimostrazioni in cui coinvolgere il pubblico, a dialoghi accompagnati da un PPT.
La trama, esilissima, prevedeva che io ed alcuni studenti fossimo stati apparentemente chiamati per parlare di chimica, dicendo che in fondo “è facile come bere un bicchier d’acqua, e c’è anche quando beviamo un bicchier d’acqua”. A questo punto un disturbatore si sarebbe alzato dal pubblico sostenendo che non poteva esser vero, e così gli altri studenti avrebbero cercato di convincerlo del contrario.
La scelta dei temi? quelli in cui avevo delle esperienze professionali e anche del materiale illustrativo già pronto (pare strano, ma in quell’epoca non era facile scaricare qualsiasi cosa dal web).
La chimica ambientale e la depurazione delle acque; le fibre, i tessuti ed il colore; la chimica per i beni culturali; gli imballaggi flessibili. Chiudevo cedendo il mio camice all’antagonista e dicendogli che era benvenuto nella famiglia dei chimici.
Bontà del pubblico e di molte persone qualificate che stavano in platea, un successo imprevisto. Al punto che nel giro di poco tempo eravamo stati chiamati a rappresentarlo in altre sedi, al Museo della Scienza e della Tecnologia, presso esposizioni divulgative, una volta persino al Broletto di Milano sulla scenografia del “Processo a Galileo” di Strehler, che era stata collocata per un’altra iniziativa (e sentivo dall’alto lo sguardo di Tino Buazzelli…). Il decennale per 2011IYC, e così via.
Al Monnet, e poi al Setificio, era in breve diventato un must anche per le giornate di orientamento interne (in scolastichese, open days).
Da allora siamo andati in scena decine e decine di volte, con un centinaio di attori diversi, pur con la difficoltà di spostare una squadra di ragazzi, impegnati con la scuola e solitamente minorenni.
Ho modificato gli episodi, inserendone, togliendone, cambiandone il tono. Alcune volte ho anche ceduto ad un altro il mio ruolo di capocomico.
Fedele ai vezzi teatrali, restano intangibili alcuni elementi rituali: la prima scena è sempre assegnata a una ragazza, meglio se con l’aria un po’ da maestrina; si chiude sempre con lo scambio del camice; io ho sempre il papillon, che annodo senza specchio (e senza rete) davanti al pubblico che entra in sala.
Oggi 15.12.16, ancora in Assolombarda per Federchimica dopo 15 anni, ho ritirato fuori quello stesso papillon. Peccato che il colore della barba sia un po’ diverso, come mostra il fotogramma di un antico VHS…
Poi dovremmo parlare anche dello spettacolo e di perchè evidentemente continua ad essere appezzato, di comunicazione nella didattica e nella divulgazione, di come si potrebbe migliorarlo, eccetera.
O del mio ringraziamento a chi ancora continua a consentirmi di metterlo in scena (e penso soprattutto ad una persona).
Ma ci sarà tempo un’altra volta.
Inchino e sipario: fra due giorni siamo di nuovo in scena al Setificio.